Una visione controcorrente

Ho tentato più volte di scrivere (e mi sono chiesto se valeva la pena farlo) un quadro del mio personalissimo pensiero che collegasse la mia filosofia di vita a quella che è invece la visione di una società equilibrata e giusta. Non una visione per la società italiana, ma per qualcosa che va oltre le culture e i nazionalismi; essendo uomini, quando ci addentriamo nella sfera etica, morale, che abbia a che fare con lo scopo dell’essere umano, non possiamo riferirci ad un determinato popolo, ma siamo costretti a trattare l’argomento nel seno dell’umanità.
Affermo fin da ora che con questo pensiero cerco di esporre senza vergogna il mio punto di vista, senza pretendere che esso corrisponda alla verità assoluta. Anzi, sono sempre più convinto che la verità assoluta non esista, ma che le situazioni e le condizioni in cui viviamo cambiano, e certi concetti ed esperienze bocciati in un determinato contesto, siano invece utili in un altro. Cerco solo di ampliare il dibattito e fornire quella che può essere una mia critica. Il mio testo è controcorrente, e non è scritto per essere commentato o seguito, lo scrivo e basta. Perché mi è sempre piaciuto frugare dentro alla nostra misera condizione di uomini, e spero di spingere altri a fare altrettanto con se stessi, senza seguire quella che può essere una mia risposta. Ponetevi delle domande e datevi delle risposte. Ma sappiate che non è facile andare controcorrente, e ancor più difficile è perseguire la felicità in questa dimensione, avendo preso coscienza dei vizi e delle ambiguità del pensiero dominante. Non che non si possa essere felici, ma parto da un presupposto che potrò spiegare meglio in seguito.

Oggi il mondo è dominato dalla cultura del consumismo, non è necessario che vi illustri quali sono gli interessi del Vero Potere, le grandi società di Wall Street e le corporations, dietro la diffusione di questa mentalità. Per questi più che ovvi interessi economici è stata plasmata una società in cui gli individui vengono catturati dal sogno della felicità materiale. Persino coloro che non cedono alle mode o al consumo frenetico di oggetti inutili, tendono a concepire la loro esistenza in maniera egoistica, materialista, quasi narcisista, dove l’importante non sono gli altri ma l’IO. E per soddisfare il proprio IO spesso si mettono da parte impegni più o meno nobili, relazioni, amicizie, ecc. Si segue “il bisogno del momento”. Si percepisce una difficoltà e si sceglie di intraprendere un’altra strada. Si lascia indietro qualcosa o qualcuno perché in quel momento lo si ritiene d’intralcio alla propria felicità.
Questa cultura del Carpe Diem, questa insensata via dell’attimo fuggente, non è che un’illusione e ha distrutto intere generazioni di giovani. La storia insegna che le esperienze migliori sono date dal sacrificio e dall’abnegazione, la dedizione a qualcosa. La soddisfazione è il frutto di prove sostenute con spirito di sfida, prima di tutto verso se stessi.
Spesso capita di sentire il peso di un amicizia, quando l’amico è nel periodo di continuo bisogno, lo stesso capita in una relazione, quando l’impegno del rapporto diventa un peso che ostacola altre priorità (a chi non è capitato di essere quasi considerato da qualcuno un ostacolo alla altrui felicità, non v’è cosa più offensiva), a volte ci sentiamo di mettere da parte i familiari, altre volte crediamo che sia meglio dedicarsi al proprio lavoro e lasciare l’impegno pubblico, oppure ci capita di lasciare un percorso formativo importante; tutte queste scelte spesso vengono prese perché in quel preciso momento si sente il bisogno di trascorrere il tempo diversamente e di dedicarlo esclusivamente al proprio sviluppo personale. Non è sbagliato, ma spesso a questo si sacrifica tutto il resto.
Si arriva ad idolatrare se stessi, pensando che non si deve rendere conto a nessuno di nulla, così muore la cultura della famiglia (troppo onerosa per il dio ME), e muore l’impegno sociale (perché fare gratis qualcosa se non ricevo nulla in cambio? Perché devo sempre pensarci io? Perché tutti mi cercano solo quando servo?).

È da illusi pensare che questo possa renderci felici, si dimentica che la via all’egoismo è passeggera, perché per l’essere umano la felicità esiste solo se può essere condivisa. Non si possono spegnere o accendere le persone come fossero interruttori, e non si può regredire negli impegni e nei doveri che abbiamo di fronte all’umanità. Già, perché noi siamo esseri sociali e non possiamo lasciarci opprimere dalla libertà individuale. Detto così può sembrare il discorso di una persona che rimpiange l’autocrazia e rinnega le conquiste sociali. Nient’affatto! È solo una critica a come questi diritti sono stati utilizzati, e come ci hanno reso prepotenti e ci hanno fatto perdere di vista l’avvenire dell’uomo e il peso che l’unione e l’associazione degli uomini può avere nella storia. Dottrine di sofisti hanno pervertito il santo concetto della Libertà: gli uni l’hanno ridotto a un gretto immorale individualismo, hanno detto che l’io è tutto e che il lavoro umano, e l’ordinamento sociale non devono tendere che al soddisfacimento dei suoi desideri; gli altri hanno dichiarato che la libertà non ha limiti, che lo scopo d’ogni società è unicamente quello di promuoverla indefinitamente, che un uomo ha diritto di usare e abusare della libertà, purché questa non ridondi direttamente nel male altrui; che un governo non ha missione fuorché quella d’ impedire che un individuo non nuoccia all’altro. Non esiste concetto più sbagliato di queste due visioni!
Queste dottrine sono alla base di una società capitalista e consumista dove l’anarchia morale si è trasmessa nella cultura e nello stile di vita di ognuno di noi. Da millenni l’uomo è violento, competitivo, egoista, avido, ed ora, negli ultimi secoli, dopo la rivoluzione francese ci siamo donati le libertà individuali che queste dottrine hanno fatto passare nella concezione delle masse, ma hanno cambiato forse qualcosa?! Perché nonostante la conquista dei diritti inalienabili, l’umanità è ancora competitiva, violenta, egoista e avida. Questi sono i valori della società consumistica e quelli materialisti del carpe diem. E portandoci a scegliere la via dell’IO, abbiamo dimenticato lo scopo, i doveri che abbiamo come fratelli nei confronti dell’umanità. Perché l’umanità è un corpo solo. Ma qual è il suo scopo?

Credo che Giuseppe Mazzini nella sua opera “Dei Doveri dell’Uomo” ci abbia fornito la risposta: lo scopo dell’umanità è il PROGRESSO. Non solo quello economico, ma anche quello morale, scientifico e spirituale. Lo scopo di una persona è quello di migliorare gli altri, modificando così lo status quo che argina la società nel tempo. L’educazione e la condivisione delle esperienze, sia nel lavoro che nella vita sono il sale di questa visione e vengono a completamento di quei diritti di cui prima parlavamo.
Ecco a chi dobbiamo rendere conto! All’umanità. Ecco perché Gramsci odiava gli indifferenti ed esprimeva tutto il suo disprezzo con toni così duri e laconici: perché «l’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare […] Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime».
Forse Gramsci è stato fin troppo duro, ma certe volte, la rabbia mi fa provare gli stessi sentimenti. Non capiamo che siamo esseri progressivi, capaci di migliorarci. Siamo esseri curiosi e apprezziamo le sfide, laddove c’è un problema c’è sempre qualcuno che pensa. La vera libertà è quella di poter vivere in un ambiente che faccia da humus a nuovi pensieri, nuovi punti di vista. Invece la globalizzazione e la società di massa ci stanno rinchiudendo nella gabbia d’acciaio del pensiero unico. Generazioni di lobotomizzati e di studenti universitari che vengono imboccati di falsità e di meccanicismi fin nei minimi particolari di teorie ormai diventate dogmatiche e non riescono più a porsi all’esterno della visione dominante. Pensate all’attuale crisi economica. Certi grandi esperti, dottori… PAROLAI!!! pensano di risolvere una crisi sistemica utilizzando le risorse offerte dal sistema stesso, muovendo numeri e formule, ormai incapaci anche solo di mettere in discussione tutta l’organizzazione sociale che è la vera radice del problema.
Oggi viene difficile porsi in critica aperta verso quell’unico modo di vedere le cose, sono sempre meno coloro che ci riescono, perché il Sistema è ormai diventato un archetipo.

È diventato talmente difficile, che anche nella vita privata l’individuo, pur di preservare lo status quo, pur di mantenere quella presunta tranquillità, accetta una bugia rassicurante invece di affrontare la realtà di una verità scomoda. In fin dei conti la felicità deriva anche dal fatto di aver agito secondo giustizia, deriva dalla soddisfazione di aver affrontato un problema ed anche se più volte si è fallito nei tentativi c’è qualcosa di profondo che ci aggrada. Cosa che non prova colui che invece ha scelto di sacrificare qualcosa di grande per una sua esclusiva priorità. Sapete che vi dico, è meglio cogliere la sfida, perché dà sapore ad un’esistenza, piuttosto che vivere succube delle proprie paure e di false convinzioni che poi, col tempo, si rivelano per quello che sono: fragili castelli di carta. Ci si nasconde dietro se stessi, non avendo rispetto di se, e alla fine si scopre di aver perso nella vita le occasioni che avrebbero potuto trasformarla in un vero capolavoro. Si deve solo avere il coraggio di affrontare se stessi, e non rifugiarsi dietro a “oggi non me la sento”, fottuti dalla paura e dall’incapacità di reagire ad uno stato d’animo. Ogni tanto occorre osare, e metterci un po’ d’audacia.
Ho sempre detto che la vita è come una partita a scacchi: è logico che devi sapere quali mosse è giusto fare, ma è anche opportuno farle il prima possibile, anche a costo di sacrificare delle pedine. Ecco perché oggi tanti ragazzi preferiscono rimandare a domani i sacrifici e le possibilità di sviluppo (tanto c’è sempre tempo). Poi si ritrovano in ritardo su chi li ha preceduti e non resta che il rimorso di aver indugiato, sperando di ricevere la grazia di poter dimenticare i propri sbagli.
Occorre determinazione, mai lasciarsi scoraggiare. Se Colombo si fosse lasciato convincere dalle paure del suo tempo non sarebbe mai salpato dall’Europa. Ricordo quando un giorno, descrivendo la mia determinazione una persona disse di vedere in me “l’immagine di un fiore che cresce forte e vigoroso da una crepa nel cemento.” È stato forse il riconoscimento migliore che abbia mai ricevuto, e non so quanto io abbia meritato questa metafora, però sarei stato certamente più contento se questa determinazione fossi riuscito in qualche modo a trasmetterla. Spero di poter ricambiare ora con questo scritto, proprio perché come discepolo del pensiero mazziniano spero di poter migliorare qualcuno, od offrire lo spunto di una riflessione interiore. Non v’è nulla in questo mondo che m’aggrada maggiormente e che mi permette di sentirmi serenamente felice.

Dicevo all’inizio del testo che è difficile perseguire la felicità pensando in maniera alternativa ed agendo controcorrente. Ora forse potete capirlo: semplicemente perché la felicità esiste se condivisa, ed è difficile trovare persone veramente libere; con una propria visione delle cose che non sia un riflesso del dominio intellettuale di cui è schiava la società occidentale. Non è un caso se anche io ho smarrito molte persone per strada, per colpa del fatto che sono troppo razionale, e perché ho sempre cercato di anteporre la verità quale bene per gli altri (ahimè non sempre ben accettata). Altre persone invece mi sono state riconoscenti, alcune delle quali inaspettate.
Per coloro che non possono rendersi conto di essere rinchiusi in una gabbia, la ricerca della felicità sarà sempre ostacolata da una sensazione di incertezza, che deriva dalla percezione che qualcosa non funziona. Daranno colpa agli altri, daranno colpa a se stessi non riuscendo a capire cosa li angoscia, non capendo che è l’ambiente che li circonda il problema. Per loro anche nei momenti in cui tutto sembrerà andare bene, dove tutto sembrerà più leggero e sopportabile, non sarà mai felicità piena, perché manca di una componente fondamentale nella vita di ognuno di noi, un fattore irrinunciabile: la verità, e la certezza di poter contare su qualcuno che ponga se stesso al pari di chi ha di fronte. Si, perché quando uno condivide tutto se stesso con te, non può agire egoisticamente contro di te. Il NOI è sempre più grande dell’IO, e non si può agire contro il NOI senza danneggiare anche se stessi. Ma questo vale solo per quelle persone che vivono con abnegazione un rapporto umano (che sia tra parenti, fidanzati, amici, comunità). Mentre se due persone pongono le proprie ambizioni e la propria posizione al di sopra del loro prossimo, i loro percorsi entrano per forza di cose in competizione, arriva sempre il momento in cui, di fronte al sacrificio richiesto arriva un diniego. Perché lo spirito è volubile. E in una tal situazione non può esserci fiducia, ergo non può esserci né tranquillità né felicità.

Occorre coraggio per fare delle scelte che pongono l’uomo al di sopra di se stesso. E per arrivare oltre se stesso l’uomo non può che farlo attraverso l’esperienza condivisa con qualcun altro (il NOI), attraverso il lavoro in associazione, attraverso la cultura della reciproca mutualità, della solidarietà.
L’individualismo genera solo conflitti, incomprensioni, e vittime. Vittime del Vero Potere, quello che ti dice come essere libero e felice, quello che ti offre comode opportunità, quello che ti dà un’effimera tranquillità finché non scopri di esser solo, e di essere stato ingannato. Possibile che nessuno abbia capito che c’è un nesso ben preciso tra il nostro modo di vivere le interazioni umane e il Sistema in cui viviamo? È l’habitat che rende l’uomo un lupo dell’altro uomo! Esiste la bontà, è solo ostacolata dall’individualismo. Provate a pensare… viviamo in una società che ha reso molte interazioni umane il banale prodotto di una transazione commerciale. Come possiamo non esserne influenzati quotidianamente?! Tutto dev’essere ristrutturato, ma parte da ognuno di noi. Iniziare ad essere consapevoli dell’importanza che abbiamo per coloro che ci stanno a fianco, nel nostro piccolo spazio, e capire che l’IO non è nulla se confrontato alla costruzione di una personalità più grande, che è quella che condivide la propria esperienza e la propria felicità con qualcun altro.

In fin dei conti, tutti in cuor nostro sappiamo riconoscere questa verità. Non sono forse le persone che hanno contribuito, anche solo per poco, alla comunità quelle ad essere ricordate? Guardate solo i grandi pensatori, i grandi filosofi e visionari che secoli fa costruivano nelle loro menti dei modelli sociali che ancora oggi sembrano utopie. Sono vissuti invano? No! Perché anche per mezzo loro molte generazioni hanno saputo sognare. E l’uomo è l’essere migliore di questo pianeta solo perché è davvero in grado di sognare, e pian piano di avvicinarsi a quelle utopie e trasformarle in realtà.
Sono invece dimenticate, quelle persone che si ritirano nella solitudine della loro personalissima indifferenza, diventando quel peso morto della storia di cui parlava Gramsci, sic transit gloria mundi…

 

Alberto Fossadri

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