Perché i MASS MEDIA mentono

I mass media come sistema assolvono la funzione di comunicare messaggi e simboli alla popolazione. Il loro compito è di divertire, intrattenere e informare, ma nel contempo di inculcare negli individui valori, credenze e codici di comportamento atti a integrarli nelle strutture istituzionali della società di cui fanno parte.
Nei paesi in cui le leve del potere sono nelle mani di una burocrazia statale, il controllo monopolistico dei mass media, spesso integrato da censure ufficiali, attesta in modo trasparente che essi servono i fini di un’élite dominante. Dove in essi invece non esiste una censura formale e i media sono privati, è molto più difficile vedere in essi un sistema di propaganda in azione. Ciò che gli occhi attenti dovrebbero osservare, è il meccanismo con cui denaro e potere riescono a “filtrare” l’informazione, spesso anche con l’onesta convinzione degli operatori del settore di essere obiettivi nello svolgimento del loro lavoro.

I primi di questi filtri sono l’orientamento al profitto dei mass media e l’utilizzo della pubblicità come licenza di stare sul mercato.  I giornali e le novelle nati nel settecento, che servirono a divulgare le idee dell’epoca dei lumi, nel XIX secolo diventarono vere e proprie imprese di notevoli dimensioni. È importante capire che si parla di “un’industria dei mass media”, l’espansione del libero mercato infatti fu accompagnata dall’industrializzazione della stampa, il costo di lancio di un quotidiano era già enorme, si stima che il Sunday Express fondato nel 1918 prima di raggiungere il pareggio in bilancio spese oltre 2 milioni di sterline nonostante avesse una diffusione di 250 mila copie. Addirittura maggiore sarebbe la spesa per aprire e gestire un network televisivo.
Quindi l’accesso alla proprietà dei media è limitato dalla notevole dimensione degli investimenti possibili.  È logico dunque pensare che chiunque abbia disponibilità di tale investimento, abbia anche l’obiettivo di trarne un profitto. Tanto più che essendo obbligati a dipendere dalle pubblicità (che coprono i costi di produzione a differenza dei primi giornali, il cui costo di vendita copriva per intero le spese sostenute dalle società) e dagli sponsor, questi si guarderanno bene dall’attaccare una fonte dei loro guadagni e dei loro sostegni. Se pensiamo inoltre che la maggior parte delle aziende mediatiche oggigiorno hanno una partecipazione, in pacchetti azionari, di società d’altra natura, viene di conseguenza che certi argomenti che possono ledere gli interessi di mercato di tali potenze saranno inevitabilmente trascurati. Basti pensare al caso dell’acquisizione da parte della famiglia Rizzoli del quotidiano più importante d’Italia: il Corriere della Sera. Di quell’episodio si ricorderà che avendo azzardato un investimento più grande di quello che la casa poteva permettersi, l’aiuto necessario al salvataggio arrivò dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e dallo I.O.R. guidato da Umberto Ortolani, tramite l’interessamento di Licio Gelli. Infatti nel 1981 nella famosa lista della Loggia P2 verranno trovati anche i nomi di Angelone Rizzoli (tessera n° 532), così come il direttore generale del gruppo Bruno Tassan Din. Da quel momento il famoso giornale era vincolato economicamente agli interessi della Loggia Massonica che da un momento all’altro poteva far cessare gli aiuti dell’Ambrosiano e quindi tutto ciò che avrebbe contrastato con le politiche della Loggia e dei suoi membri venne messo automaticamente sotto silenzio.
Specialmente nel mondo della televisione, si sappi che gli inserzionisti di pubblicità sono i veri clienti dell’industria massmediatica. Un programma televisivo serve solamente ad intrattenere il maggior numero di persone per poter rendere più appetibile un’inserzione, che a questo punto viene venduta a caro prezzo. Se poi rendono tali programmi confacenti ai bisogni commerciali di questi clienti, è sufficiente per capire come l’informazione che giunge ai nostri occhi e alle nostre orecchie sia asservita al mercato. Se i media scelgono di trattare nei loro spettacoli argomenti delicati e “apparentemente” critici, cercheranno di generalizzare i fatti, come ad esempio in un documentario sugli effetti dell’inquinamento atmosferico, si generalizzeranno le conseguenze del fenomeno senza attaccare specifiche fonti di mercato, lasciando così spazio agli inserzionisti (esempio produttori di autoveicoli) che lanciando spot pro-ambiente cercheranno di convincere gli spettatori del loro interesse per l’ecosistema. Oppure ancora, nei servizi che mostrano la fame nel continente africano, raramente mettono questa condizione in correlazione con determinate multinazionali che nel luogo si occupano di esportazione di petrolio, diamanti, oro, ecc. per non urtare gli interessi di questi importanti supporti.
Del resto le trasmissioni documentaristiche, critiche e culturali hanno dei costi, perché comportano il fatto che gli utenti “tendono” a cambiare canale. Saranno quindi via via escluse anche dai veicoli secondari di comunicazione, giacché anche le società che controllano questi ultimi cercheranno di qualificarsi nell’interesse degli inserzionisti.

Un altro filtro importante è la scelta delle fonti da parte dei media. Le necessità economiche e reciprocità d’interessi spingono i mass media in una relazione simbiotica con potenti fonti d’informazione. Tv e giornali hanno bisogno di un flusso costante e “affidabile” di informazione. Devono risparmiare su giornalisti e fotografi,  e quindi non potendo coprire qualsiasi luogo ove avvengono fatti d’interesse si affidano alle fonti ufficiali. E quali sono queste fonti? Il governo, la magistratura, le conferenze di “esperti”, la polizia, ecc. Fonti credibili con uno status e un prestigio riconoscibili, che inoltre non implicano il rischio di querele giudiziarie. Questa complementarietà è stata illustrata da Mark Fishman con quello ch’egli chiama «principio dell’affidabilità burocratica: il bisogno di una burocrazia viene soddisfatto da un’altra burocrazia». Purtroppo però le fonti governative e militari spesso coprono alcuni misfatti o rilasciano mezze verità e quelli che vengono definiti esperti (come in economia) spesso sono al servizio di altri sovra-interessi (come le lobby).

Un’altra ragione per cui i media tendono ad aggiudicarsi queste fonti ufficiali è lo stesso impegno a cercare di dare un’informazione obiettiva, o perlomeno dare l’apparenza di essere obiettivi e di non ricercare notizie e critiche all’interno di ambienti non ufficialmente riconosciuti dalle istituzioni e quindi anche dagli spettatori. Addirittura in virtù del servizio reso i potenti possono avvalersi di relazioni personali, minacce e incentivi per non mettere a repentaglio una collaborazione tanto stretta che può ledere l’interesse sia della fonte che del diffusore di notizie.
Così dunque si giunge ad applicare nella comunicazione un ulteriore filtro, l’ideologia anticomunista applicata all’informazione. Infatti il bolscevismo è l’ossessione di coloro che detengono il potere economico, la lotta di classe minaccia la loro posizione di privilegio ed il loro status superiore. Ma non solamente, poiché viene applicato in maniera sfuggente, l’ideologia anticomunista può essere usata contro tutte le scelte politiche che minacciano la proprietà e il libero mercato, come l’invocazione di inserimenti dello Stato nelle politiche welfare. Perciò bombardando il pubblico di informazioni negative sugli stati socialisti e preferendo trascurare le malefatte dei paesi filoamericani si mettono le sinistre nella posizione di doversi continuamente difendere da un ambiente che gli è ostile, in quanto mostra alla gente solo gli errori degli stati che perseguono le loro stesse linee politiche.
È sufficiente osservare quanto sappiamo dei misfatti dei governi comunisti nell’Europa dell’Est, nel Vietnam, nella Cambogia, in Cina e a Cuba, mentre poco o nulla si conosce dei genocidi e delle oppressioni compiute dai governi filoamericani in Congo, Nicaragua, Guatemala, Argentina, Cile, Iran, Arabia Saudita ecc. nel mondo odierno questa pratica non ha cessato di mancare, viene mostrato uno stato d’Israele continuamente sotto pressione, mentre è proprio Israele che da anni opprime i palestinesi ed impone la minaccia di una testa di ponte americana in medioriente. Chavez e Correa, rispettivamente l’uno a capo del Venezuela e l’altro dell’Ecuador, vengono mostrati come presidenti autoritari e contrari al benessere della loro gente, mentre non si fa mai riferimento ai tentativi di golpe per destituirli e all’aiuto della gente che, benevola nei confronti dei loro leader, ha fermato questo pericolo (addirittura nel colpo di stato del 2010 in Ecuador, Correa venne messo in prigione, fu la gente stessa a scendere in piazza per farlo liberare, e l’esercito scelse quindi di stare col popolo e liberare il presidente). Quasi tutti i paesi Sudamericani di oggi hanno sciolto le catene del giogo americano e si sono evidentemente stancati di essere il “giardino di casa” degli Stati uniti.

Abbiamo elencato i principali motivi per cui, anche contro volontà, i mass media non possono essere portatori di verità. Potete leggere quanti quotidiani vorrete e potrete ascoltare decine di telegiornali ogni giorno, ma tutti indistintamente sono diffusori di menzogne e disinformazione, potrete tentare di carpirne la verità mescolando le informazioni, ma alla fine vi accorgerete che 10 mezze verità non sono lo specchio della realtà. Ricordate soprattutto una cosa: abbiamo sempre pensato che TV, radio e giornali rendessero un servizio a noi, invece i veri clienti dei Media sono le aziende a cui viene venduta la nostra attenzione. IL PRODOTTO DA VENDERE SEI TU! Dato che secondo Walter Lippman (autore nel 1922 di “opinione Pubblica”) è necessario per il potere tenere a bada le democrazie “costruendo il consenso”, vi aiutiamo a comprendere meglio il potere dei media sulle vostre opinioni e suii vostri comportamenti. Riportiamo quindi le 10 strategie dei mass media nella manipolazione dei consensi.

Alberto Fossadri

1 – La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 – La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4 – La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti…

7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori” (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti… in modo che l’individuo provi avversione alla cultura e si tenga da solo alla larga della verità.

9 – Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

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Fonti:
-La fabbrica del consenso (Noam Chomsky)
-http://www.youtube.com/watch?v=iJ8U1Yt5toc
-http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2010/10/dallecuador-per-colombia-honduras-e.html
-https://www.facebook.com/media/set/?set=a.405198866180115.94075.353437304689605&type=3

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